IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinaza.
   1.  - Con proprio ricorso Pisanu Benvenuto ha convenuto in giudizio
 la S.p.a. Iveco Fiat, proprio datore  di  lavoro  e  l'I.N.P.S.,  per
 ottenere  la condanna di quest'ultimo al pagamento dell'indennita' di
 malatia e  del  datore  all'integrazione  prevista  dal  c.c.n.l.  di
 categoria,  per  il  periodo  16-29  ottobre  1988, nel quale egli si
 assento dal lavoro per fruire di cure termali, in forza dell'art. 13,
 terzo comma, del d.-l. n. 463/1983 convertito in legge n. 638/1983.
    Nel  costituirsi in giudizio, parte convenute hanno contestato, in
 particolare, la mancanza  della  documentazione  sanitaria  idonea  a
 dimostrare  la  non  dilazionabilita'  delle  cure  sino  al  periodo
 feriale: cio' sull'ovvio presupposto  che  l'indennita'  di  malattia
 competa esclusivamente a fronte di trattamenti termali indifferibili,
 chiedendo quindi di essere assolte dalle domande.
    In  corso  di  causa  il  pretore,  ritenutane  l'opportunita', ha
 disposto c.t.u. medico-legale. Il c.t.u. designato,  dott.ssa  Angela
 Marzullo,  ha  quindi  motivamente  concluso  che  le cure svolte dal
 Pisanu, pur essendo opportunte e proficue in relazione alla patologia
 lamentata  dal soggetto e non meramente preventive, potevano tuttavia
 essere largamente dilazionate.
    2.  -  Cio' posto, va osservato che all'accoglimento della domanda
 e'  di   ostacolo   il   disposto   della   citata   norma,   secondo
 l'interpretazione  fornita  dalle  sezioni  unite della suprema Corte
 nella sentenza n. 5634 del 17  ottobre  1988;  interpretazione  dalla
 quale  non  pare  lecito  discostarsi,  oltre che per l'autorevolezza
 della  fonte  da  cui   proviene,   anche   perche'   seguita   dalla
 giurisprudenza e tale quindi da potersi considerare "diritto vivente"
 (vedasi da ultimo pret.  La Spezia, 10-24 aprile  1989,  n.  181,  in
 informazione  previdenziale,  1989, 1289, ove si legge che "la tutela
 predisposta dal'art.  23110  del  c.c.  opera  qando  sia  ricontrata
 l'esistenza,  nel  soggetto,  di  uno  stato  patologico che rende la
 prestazione temporaneamente inesigibile per  l'accertata  necessita',
 non  dilazionabile sino alle ferie annuali od ai congedi ordinari, di
 sottoposizione  agli  specifici  trattamenti  idrotermali,   a   fini
 terapeutici  o  riabilitativi";  nello  stesso senso, con espressioni
 sostanzialmente analoghe e con espresso richiamo  alle  s.u.,  vedasi
 anche   pretore   Torino,   dott.ssa   Lanza,  12  dicembre  1988  in
 giurisprudenza Piemontese, 1989, I, pp. 121 e segg.; trib. Torino, 25
 luglio  1988,  ivi,  pp.  115  e segg.; id., 28 aprile 1989, n. 2748,
 inedita; id. 27 ottobre 1988, n. 5914 inedita: pretore Torino,  dott.
 Grosso,  25  ottobre  1988, inedita; trib. Milano, 18 maggio 1988, in
 orientamenti della giurisprudenza del lavoro, pp. 801 e segg.;  pret.
 Milano,  dott.  Curcio,  17  aprile 1989, ivi, pp. 803 e segg.; pret.
 Bologna, dott. Stanzani, 5 luglio 1989, ivi, pp. 805 e segg.).
    Nella  fattispecie  risulta infatti provato, tramite la c.t.u. che
 le cure idrotermali erano carenti di  quei  requisiti  di  urgenza  e
 necessita',  indispensabili  secondo le s.u. per ottenere il permesso
 retribuito a carico del datore di lavoro  e  per  poter  invocare  la
 tutela ex art. 2110 c.c.
    Senonche'  l'art.  13,  terzo  comma,  del d.-l. n. 463/1983 conv.
 nella legge n. 638/1983, come sopra inteso, pare porsi  in  contrasto
 con  gli artt. 3, 32, 36, 38 e 102, della Costituzione; onde si rende
 necessaria una nuova rimessione degli atti al giudice delle leggi.
    3.  - Al fine di illustrare la questione occorre prendere le mosse
 dalla sentenza n. 559 della Corte costituzionale che, ad  avviso  del
 pretore,  individua  con  estrema chiarezza e precisione alcuni punti
 fermi dai quali non ci si puo' discostare,  pena  la  violazione  dei
 precetti costituzionali.
    Essi possono cosi' essere sintetizzati:
       a)   equiparazione  tra  stati  patologici  acuti  e  affezioni
 croniche e sussunzione  di  ambedue  le  patologie  nel  concetto  di
 "malattia" di cui all'art. 2110 del c.c.;
       b)  affermazione che la tutela della salute, al cui presidio e'
 posto l'art. 32 della costituzione, non  puo'  essere  limitata  alle
 affezioni acute;
       c)  riconferma  del  principio  che  il lavoratore ha dirito al
 trattamento economico di malattia non solo  in  caso  di  incapacita'
 lavorativa   direttamente  ed  immediatamente  determinata  da  stati
 patologici acuti, ma anche in vari altri casi (come  nei  periodi  di
 sottoposizione  ad  accertamenti  clinici  connessi all'insorgenza di
 gravi malattie o in quelli di degenza  ospedaliera  per  accertamenti
 prodromici  ad operazini chirurgiche) nei quali non e' ravvisabile un
 attuale impedimento al lavoro a  causa  diretta  di  malattia  e  pur
 tuttavia   la   prestazione   stessa  deve  riteneri  temporaneamente
 inesigibile;
       d) enunciazione del criterio interpretativo dell'art. 13, terzo
 comma, che deve essere inteso "nel senso che le cure idrotermali  ivi
 disciplinate  sono  quelle  per  le  quali risulti accertata la reale
 esigenza - per il conseguimento  dei  divisati  scopi  terapeutici  o
 riabilitativi  - che esse siano effettuate in periodo extra-feriale".
    In  tal  modo  la Corte ha da un lato ridefinito l'evento protetto
 dall'art. 2110 del c.c., alla luce dei principi contenuti negli artt.
 3,  32,  36 e 38 della Costituzione; dall'altro ha riconosciuto nella
 fattispecie  disciplinata  nell'art.  13  della  legge  n.   638/1983
 "un'ipotesi che rientra a pieno titolo nell'ambito della tutela della
 salute garantita dall'ordinamento", tale da comportare le conseguenze
 generalmente   collegate   all'assenza   per  malattia:  "diritto  al
 mantenimento del posto di lavoro e diritto ad un adeguato trattamento
 economico  durante  il periodo di cure" (cosi' G. De Simone, la Corte
 costituzionale e le cure termali, in "lavoro e  diritto",  n.  1  del
 1989, p. 165).
    E'  ovvio,  in  tale  prospettiva, che non ricorrendo l'ipotesi di
 legge ("effettive esigenze terapeutiche o  riabilitative"),  le  cure
 idrotermali  potrebbero  essere  effettuate  solo  durante  le  ferie
 annuali, come del resto si ricava da una lettura  a  contrario  della
 norma.  A  cio'  (e non ad altro) ha voluto alludere il giudice delle
 leggi, con il riferimento, nel passo di cui sopra al periodo feriale.
    4.  -  Pare al pretore che, nell'enunciare il principio di diritto
 di cui alla citata sentenza n. 5634 del 1988,  le  sezioni  unite  si
 siano    discostate    ampiamente   dall'insegnamento   della   Corte
 costituzionale di cui si e' dato conto sopra.
    Hanno  infatti affermato (cfr. punto 5 della motivazione riportata
 in Foro it., 1988, I, col. 3265) che l'indennita' di malattia  spetta
 solo  ove  sussistea  "l'accertata necessita', non dilazionabile sino
 alle ferie annuali o  ai  congedi  ordinari,  di  sottoposizione  del
 dipendente  a  specifici trattamenti idrotermali...", i quali debbano
 quindi essere eseguiti "con  conveniente  tempestivita'  nel  periodo
 extraferiale".
    In  tal  modo  le  s.u.  hanno  operato un autentico repe'chage di
 requisiti che parevano definitivamente superati, quali la "necessita'
 non  dilazionabile"  e  l'"indifferibilita'"  delle  cure, ricavabili
 dall'art. 4 della legge 7 agosto 1982, n. 526, ma non dai  successivi
 testi  di  legge  e  ripudiati  dalla Corte costituzionale al par. 10
 della sentenza n. 559/1987, laddove parla di  "requisiti  impropri  e
 troppo restrittivi".
    Non  solo,  ma  hanno  anche fornito una lettura del cit. art. 13,
 terzo comma, contrastante, oltre che con  la  pronuncia  del  giudice
 delle  leggi, con vari principi costituzionali, come emerge da quanto
 segue.
    5.  -  Un  primo profilo di incostituzionalita' riguarda la stessa
 proponibilita',  con  riferimento  alle   cure   idrotermali,   della
 distinzione tra "cure differibili" e "cure non differibili" o, che e'
 lo stesso, tra cure da attuare con "opportuna tempestivita'" e quelle
 per le quali non e' dato ravvisare tale requisito.
    Invero,  come  e'  stato  esposto  dal  c.t.u. nella sua relazione
 scritta (e  specularmente  ribadito  da  altro  consulente  in  causa
 analoga  -  cfr.  relazione  allegata dal dott. P. Vergnano e verbale
 d'udienza ove lo stesso e' stato sentito a  chiarimenti  -)  le  cure
 termali sono, per loro natura, sempre differibili, poiche' dalla loro
 effettuazione  non  deriva  un  beneficio  immediato  (ne'  un  danno
 immediato  dalla loro procrastinazione), bensi' le stesse concorrono,
 in buona  sostanza,  a  condurre  il  soggetto,  migliorando  la  sua
 patologia  o contribuendo a non peggiorarla, ritardandone il decorso,
 a migliori condizioni di vita e di cenestesi, assolvendo  normalmente
 anche ad una funzione preventiva.
    Il  concetto  stesso  di indifferibilita' - ed anche di "opportuna
 tempestivita'" - e' correlato alla cura di uno stato di  acuzie,  nei
 cui  confronti  il  trattamento termale e' talvolta incongruo, quando
 non  addirittura  controindicato  (come,   ad   es.,   nei   processi
 osteoarticolari di tipo infiammatorio).
    Al  piu'  puo'  ammettersi,  in specifici e marginali casi (ad es.
 affezioni  o.r.l.  o  complicanze  post-operatorie   a   seguito   di
 interventi sull'apparato uro-genitale femminile) che possa profilarsi
 un'alternativa terapeudica  tra  le  cure  di  tipo  farmacologico  e
 terapie  di  tipo  idrotermale.  Perlatro,  come  sottolineato  dalle
 consulenze, la terapia farmacologica anche in questi casi e', per sua
 stessa  natura,  prioritaria poiche' piu' efficace e, comunque, si e'
 al  di  fuori  dalla  correlazione   tipica   malattia   cronica-cura
 idrotermale,    poiche'    l'ipotizzata    alternativa   puo'   porsi
 esclusivamente nelle fasi di riacutizzazione di una malattia cronica.
    Con  riferimento,  invece,  allo  stato patologico cronico nel suo
 divenire complessivamente considerato,  il  beneficio  connesso  allo
 svolgimento  delle  cure  idrotermali si determina soprattutto merce'
 l'opportuna programmazione dei cicli di cura che, secondo il  c.t.u.,
 sia  pure  in  via  di  larga  approssimazione,  va calibrata secondo
 cadenze regolarmente intervallate, possibilimente conincidenti con un
 periodo  immediatamente  antecedente  al  presumibile  riacutizzazrsi
 della malattia.
    La  stessa programmabilita' del trattamento termale, determinabile
 in base all'esperienza ed alle conoscenze  medico-legali,  denota  in
 modo palmare l'oggettiva differibilita' del trattamento stesso.
    Emerge  pertanto  l'irragionevolezza  di una disposizione di legge
 che,  basandosi  su  un  presupposto  concretamente   irrealizzabile,
 diventa  di fatto inapplicabile dal giudice: in tal modo e' impedita,
 in  violazione  dell'art.  102,  primo  comma,  della   Costituzione,
 l'esplicazione  stessa della funzione giurisprudenziale, in quanto il
 giudice e' chiamato ad applicare una norma impossibile.
    Tale irragionevolezza determina altresi' la violazione dell'art. 3
 della Costituzione.
    L'art.  13,  terzo  comma,  cit.  e'  stato predisposto al fine di
 fornire una piu' penetrante tutela  al  diritto  costituzionale  alla
 salute.  In realta' e tenendo conto della lettura fornita dalle s.u.,
 la norma sortisce un effetto contrario a quello avuto di mira.
    Chi ha usufruito di un ciclo di cure termali potra' bensi' fornire
 la  prova  che  esse  sono  da  connettere  ad  efffettive   esigenze
 terapeutiche  o riabilitative; non potra' invece mai fornire la prova
 che non erano differibili fino al periodo di fruizione delle ferie  e
 cioe'  che  dovevano  essere  efettuate con conveniente tempestivita'
 rispetto al periodo di congedo feriale.
    La  qual  cosa  e'  del  resto attestata dall'esito dei giudizi di
 merito intesi ad ottenere dal datore o dall'I.N.P.S. l'indennita'  di
 malattia  correlata  al  periodo  di  sottoposizione al ciclo di cure
 idrotermali.  Essi  terminano  infatti  immancabilmente,  laddove  il
 giudice  ha  fatto  tesoro  dell'insegnamento  delle  s.u.,  con  una
 pronuncia di rigetto, la quale fa  seguito,  nell'iter  logico  della
 motivazione, al mancato assolvimento dell'onere della prova in ordine
 ai requisiti di cui sopra (si richiamano, in proposito,  le  sentenze
 avanti citate, che si allegano).
    6.  -  Appaiono  inoltre  violati  gli  artt.  3,  32  e  38 della
 Costituzione. Soggetti  in  situazioni  omogenee  (malati  cronici  o
 recidivanti) vengono infatti trattati in modo disuguale, sia tra loro
 che in relazione ai malati acuti; talche' risulta  contemporaneamente
 vulnerato  il  diritto  costituzionalmente  tutelato di chi soffre di
 tali affezioni a curarle convenientemente e del lavoratore  ad  avere
 adeguata copertura retributiva.
    Invero,  la  malattia cronica o recidivante puo' comportare per il
 malato l'esigenza di  curarsi  (anche)  tramite  cure  termali,  allo
 stesso  modo  che  la malattia acuta puo' comportare la necessita' di
 terapia farmacologica.
    Conseguentemente  il  constringere  a  rinviare le cure termali ad
 un'epoca futura, di  fatto  significa,  ad  un  avviso  del  pretore,
 impedire  al  malato  di  curarsi;  in  modo  del resto non dissimile
 dall'impedire, in ipotesi,  a  chi  ne  abbisogni,  di  assumere  dei
 farmaci.
    In  altre  parole,  se  malattia  cronica  e' malattia a tutti gli
 effetti e se e' accertato  -  e  debitamente  documentato  -  che  il
 trattamento  termale  e'  utile  ed  opportuno  per  la  cura di tale
 affezione, non si vede la ragione per  differenziarlo  dalle  terapie
 proprie  delle  malattie  acute;  essendo  irrilevante  che non abbia
 efficacia   esclusiva   o   definitiva,   ma   solo   coadiuvante   e
 complementare.
    Ne'  appare  plausibile  il differenziare malati cronici tra loro,
 sotto il profilo della differibilita' o meno delle  cure,  senza  con
 cio' ledere anche il diritto alla salute di costoro.
    A  parere  del  pretore qualunque differenziazione (e quindi anche
 ammettendo per un momento che sia proponibile  quella  impostata  sul
 dualismo  differibilita'-indifferibilita',  peraltro scientificamente
 criticabile) si porrebbe in contrasto con i precetti  costituzionali,
 non   apparendo   aderente   alle   linee   gia'  indicate  da  Corte
 costituzionale n. 559/1987.
    Invero,  una  volta accertata la reale esigenza dell'effettuazione
 delle cure, in termini  di  congruita'  terapeutica  del  trattamento
 termale rispetto alla malattia e di presumibile beneficio alla salute
 del malato, sia pure non immediato, ma distribuito nel tempo  secondo
 la   caratteristica   tipica   di   tale   trattamento,   ogni  altra
 differenziazione appare ultronea poiche'  discrimina  situazioni  tra
 loro   uguali,   vulnerando   altresi'   il   diritto   alla   salute
 costituzionalmente tutelato.
    7. - Ed ancora, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione,
 l'interpretazione accolta dalle s.u. non si sottrae alle censure gia'
 mosse  nelle ordinanze di remissione che diedero luogo alla pronuncia
 n. 559/1987,  poiche'  configura  una  lesione  del  diritto  ad  una
 retribuzine  sufficiente e dignitosa o, alternativamente, alle ferie,
 atteso che pone il lavoratore nella  condizione  di  rinunciare,  per
 curarsi  -  e  laddove  il  datore  di  lavoro  conceda  permessi non
 retribuiti - o all'una o, in parte rilevante, alle  altre,  facendone
 cosi'  venir  meno  la funzione di ristoro psico-fisico delle energie
 consumate dal lavoro.
    8. - A cio' aggiungasi che dopo la sentenza n. 616 del 30 dicembre
 1987 della Corte  costituzionale,  che  ha  sancito  l'illegittimita'
 dell'art.  2109  del  c.c.,  nella  parte  in  cui non prevede che la
 malattia insorta durante il periodo di ferie ne sospenda il  decorso,
 dovrebbe   reputarsi   inammissibile   ogni   possibile   profilo  di
 differibilita' delle terapie idrotermali.
    Se  queste  rispondono  infatti  ad  effettive  esigenze di cura e
 riabilitazione, allora e' indubbio che in forza del disposto di legge
 di  cui  sopra  non  potrebbero  ritenersi  concidenti  con  le ferie
 annuali, comportando anzi de jure il loro differimento temporale.
    In  difetto di cio' risulterebbe infatti violato l'art. 36, ultimo
 comma, della Costituzione.